Sull’asfalto qualcuno ha scritto
“Mirar,
Recordar,
Imaginar”
E mi sono chiesta cos’è delle tre che ho dimenticato ultimamente. Mi guardo intorno qui a Madrid, ma già la città non è nuova come lo era un anno fa. Penso che anche i ricordi più cari stanno sfumando, e mi si perdono i dettagli. Le conversazioni che pensavo sarebbero rimaste con me per sempre. Quelle che mi hanno cambiata, che hanno messo in moto una serie di scelte, centinaia di concatenazioni di causa ed effetto che mi hanno portata ad essere seduta qui su un treno della linea 1 della metro.
Anche quelle sono sbiadite. E vorrei parlare con quell’amico. E dire ti ricordi? E litigare sui dettagli. Eravamo nella mia macchina? Eravamo seduti sulla panchina del parco? Di quelle dove andavamo delle sere, a luci spente. A giocare con le giostre dei bambini. A spingerci forte sull’altalena.
Come me lo immaginavo il futuro 15, anche 10 anni fa? Mi immaginavo nei trent’anni, forse con un figlio, una figlia. Ho sempre voluto una bambina. E immaginavo avrei avuto un lavoro che mi piaceva. Che sarebbe stata la ricompensa per il sacrificio delle migliori ore della mia gioventù, passate sui libri. Beh questo poi non so se fosse un sacrificio. Come avrei passato altimenti le ore? Immaginavo una casa, una famiglia. E invece nessuna di queste è venuta. E non rimpiango nulla.
“Mirar,
Recordar,
Imaginar”
E mi sono chiesta cos’è delle tre che ho dimenticato ultimamente. Mi guardo intorno qui a Madrid, ma già la città non è nuova come lo era un anno fa. Penso che anche i ricordi più cari stanno sfumando, e mi si perdono i dettagli. Le conversazioni che pensavo sarebbero rimaste con me per sempre. Quelle che mi hanno cambiata, che hanno messo in moto una serie di scelte, centinaia di concatenazioni di causa ed effetto che mi hanno portata ad essere seduta qui su un treno della linea 1 della metro.
Anche quelle sono sbiadite. E vorrei parlare con quell’amico. E dire ti ricordi? E litigare sui dettagli. Eravamo nella mia macchina? Eravamo seduti sulla panchina del parco? Di quelle dove andavamo delle sere, a luci spente. A giocare con le giostre dei bambini. A spingerci forte sull’altalena.
Come me lo immaginavo il futuro 15, anche 10 anni fa? Mi immaginavo nei trent’anni, forse con un figlio, una figlia. Ho sempre voluto una bambina. E immaginavo avrei avuto un lavoro che mi piaceva. Che sarebbe stata la ricompensa per il sacrificio delle migliori ore della mia gioventù, passate sui libri. Beh questo poi non so se fosse un sacrificio. Come avrei passato altimenti le ore? Immaginavo una casa, una famiglia. E invece nessuna di queste è venuta. E non rimpiango nulla.