Thursday, 10 December 2009

Verso Sud


E cosi senza accorgermi. Senza poterla piangere. Ho perso Emilia. Nell'asetticità della lontananza, della diaspora di chi come me vive all'estero, perchè il suo paese è diventato una barzelletta per far ridere il mondo. Sulla stampa estera. La stampa libera, non quella telecomandata dal potere. Quella che racconta come stanno le cose.
Emilia non c'è piu e io avrei voluto dirle molte piu cose e alla fine non l'ho fatto. Non ne ho avuto il tempo. Non mi è stato concesso dal sistema sanitario di Salerno.
Tutto si perde sulla strada. In corsa affannosa sulle autostrade decrepite che portano al Sud. A Sud dell'Europa. A Sud del mondo. A Sud dell'italia. A Sud di uno stato sempre piu assente. A Sud dove l'assistenza sanitaria è sempre piu da paese sottosviluppato.
Mandiamo soldati a morire dall'altra parte del mondo. Per esportarlo il nostro sistema di merda, che di democratico non ha nulla. La democrazia del consumo. Hanno consumato il paese. Non c'è rimasto quasi nulla. Adesso rimane la corsa alle armi per asserragliarsi nei palazzi del potere. Dove la realtà è uno spot idiota alla televisione. Ovattata dalle reti unificate.
Nel frattempo c'è la corsa allo shopping. Alle vetrine blindate, studiate a posta per incoraggiare altro consumo inutile.
Tutto è inutile quando il paese in cui vivi da piu importanza alla spesa per gli addobbi natalizzi che alla spesa sanitaria.
E così mentre i passanti guardano le vetrine blindate, mentre gli altri comperano, qualcun'altro muore su un ambulanza. Un ambulanza in corsa inutile. Verso il Sud. Puntata dritta verso il baratro.

Friday, 16 January 2009

Finocchi

Dille a mia madre quanto amo il sapore dei finocchi che ha cresciuto nella sua terra.
Raccontale di come sono freschi e profumati, e di come abbiano il sapore di casa
anche se li mangio qui, seduta sul letto nella mia stanza a madrid.

Tuesday, 11 November 2008

Postdated film theory 01

You used to walk by the river. In late October. On Sunday afternoons. When the foot track was full of red leaves, and yellows and brown. You used to cycle there, and see the empty fields after the harvest.

You knew you didn't have to like it because it wasn't going to last forever. Nothing lasts forever. That's human nature. The swans shimmering in the Thames. And walking the dump woodland made you feel like having a hot drink in one of the inns at Cookham's village.

It's back home. Then somewhere in a spot of this universe of our mind. Were is it, that we really live with our mind? Isn't time only a lens with which we see the world?

Through music space and time become relative. One silly pop song and you're back to one room, one afternoon 5 or ten years ago. You can smell what you used to smell. It's all clear in the image of your mind.

That's why cinema is utopistic past time. Because it cuts loose the still image. Gives it movement so that the still image becomes a trip through the universe of collective imagination.

Cinema plays with collective imagination while trying to catch that moment at one particular time that each mind lives in a different way. That moment will always escape to any analogic or digital device to record the image. And what time are thinking about? The time when the screenplay was written? The time in wich the story is set? Or the time of the fruition of the spectator? This is why I call cinema a utopistic past time.

One of the most powerful mythical images used in cinema, in every genre, from Friz Lang to Spielberg it's the time machine. A time displacement in the displacement machine. A futuristic device that will bring life to dead, and push the celluloid hero to a different age, to bring back that little detail. That key that will save the parallel universe. It's always about salvation. Adventure stories always insist on salvation, as religion does.

It's ontologic representation of the message and the media as one.

Copyright © ko 2008

Tuesday, 28 October 2008

Mirar, Recordar, Imaginar


Sull’asfalto qualcuno ha scritto
“Mirar,
Recordar,
Imaginar”
E mi sono chiesta cos’è delle tre che ho dimenticato ultimamente. Mi guardo intorno qui a Madrid, ma già la città non è nuova come lo era un anno fa. Penso che anche i ricordi più cari stanno sfumando, e mi si perdono i dettagli. Le conversazioni che pensavo sarebbero rimaste con me per sempre. Quelle che mi hanno cambiata, che hanno messo in moto una serie di scelte, centinaia di concatenazioni di causa ed effetto che mi hanno portata ad essere seduta qui su un treno della linea 1 della metro.
Anche quelle sono sbiadite. E vorrei parlare con quell’amico. E dire ti ricordi? E litigare sui dettagli. Eravamo nella mia macchina? Eravamo seduti sulla panchina del parco? Di quelle dove andavamo delle sere, a luci spente. A giocare con le giostre dei bambini. A spingerci forte sull’altalena.
Come me lo immaginavo il futuro 15, anche 10 anni fa? Mi immaginavo nei trent’anni, forse con un figlio, una figlia. Ho sempre voluto una bambina. E immaginavo avrei avuto un lavoro che mi piaceva. Che sarebbe stata la ricompensa per il sacrificio delle migliori ore della mia gioventù, passate sui libri. Beh questo poi non so se fosse un sacrificio. Come avrei passato altimenti le ore? Immaginavo una casa, una famiglia. E invece nessuna di queste è venuta. E non rimpiango nulla.

Monday, 20 October 2008

Liberiamoci dal nuovo schiavismo


Dobbiamo fondare una nuova ecologia della mente. Cancellare tutto quello che sappiamo. Tutto quello che sappiamo è falso. Siamo stati condannati a vedere il mondo come ce lo raccontano gli altri. Hanno dato un prezzo a tutto. All’acqua ed ai pensieri.
Siamo persi nell’individualismo della rete. Siamo troppo presi dalle minchiate dei facebook di turno.
Dobbiamo fare una differenza. Vorrebbero vederci così come ci hanno ridotto.
Ci hanno tolto il futuro, hanno svenduto le nostre conquiste.

Con i tagli alla nostra assistenza sanitaria, alle nostre scuole, alle pensioni pagheranno le liquidazioni a 9 zeri dei manager della finanza creativa, che ci hanno ridotto sull’orlo del baratro.

Mama Pacha ci chiede di cambiare direzione. Siamo fortunati a vivere questo momento epocale. Possiamo appropriarci di quello che ci appartiene: un futuro migliore.

Il crollo delle ideologie deve essere seguito dal crollo delle religioni. Dio è il motivo per cui si soffre ancora troppo sul pianeta. Lo scontro tra il dio cristiano e quello dell’islam è stato studiato a tavolino. Il CAOS totale è quello che vogliono.
Dobbiamo smetterla di chiuderci in noi stessi. Dobbiamo cominciare ad agire qui e adesso.

Dobbiamo esigere che le ricerche sulle energie alternative al petrolio vengano poste al centro delle nuove politiche economiche.
Le nostre abitudini di consumo devono cambiare.
Dobbiamo riciclare, comprare prodotti locali, nella distribuzione indipendente dei mercati di quartiere, dove ancora esistono.

Con i finanziamenti allo scudo spaziale si potrebbe risolvere la fame su gran parte del pianeta. Si potrebbe fermare la grande migrazione dei nuovi schiavi del New Order.
Il nostro voto non serve più a nulla. Destra, sinistra sono la stessa menzogna. Le corporazioni e le lobby detengono il vero potere.
I migranti del pianeta sono deprivati delle terre che gli appartengono dalle esigenze del nuovo capitale. Sputati sul mercato dei paesi cosidetti "civilizzati" come nuovi servi a costo zero. La tratta degli uomini deve finire. Crea razzismo nelle metropoli. La troppa immigrazione è insostenibile per il nostro sistema sanitario. Queste persone per sopravvivere si riducono alla prostituzione, alla disintegrazione totale della propria dignità. Fanno di tutto per comprarsi la libertà che hanno perduto. Dobbiamo liberarci. Dobbiamo ribellarci.

Monday, 18 August 2008

Moon eclipse in Barcelona



Have you seen the moon partial eclipse last Saturday 16th of August? It lasted for a long time and I was sitting on the terrace of a hotel in Barcelona, chatting with my friends Steve and Eoin.

How beautiful that was. It made me wonder where will I be when I get the chance to see something like that again. Who will I be spending the evening with.

Such a shame that the pic looks like an advert for the famous petrol company.

Sunday, 8 June 2008

Ricordi di Cabo de Gata






Che se a caso non si fosse capito che mi piace molto, aggiungo altre foto dell'Andalusia. Questa volta sono stata due giorni a Granada, a rivedere l'Alhambra, a mangiare tapas nei bar del centro. Poi sono andata a San Jose, un paesino sulla costa di Almeria, in una riserva naturale che si chiama Cabo de Gatas. Dove il deserto si incontra con il mare. Almeria è tutta desertica. Dove finiscono gli oliveti si cammina per chilometri senza vedere altro che montagne aspre e terreni brulli dove pascolano le capre. L'unica intromissione al deserto sono le serre, dove attraverso i teli di plastica si intravedevano le file di pomodori. Ma non si capiva chi coltivasse tutti quei pomodori, visto che non c'era nessuno per strada. Distese di serre, ma nessuna casa, nessun paese nei paraggi, e le strade sterrate che portavano verso il nulla.


Ad uno spagnolo questa cosa non chiama molto l'attenzione, loro ci sono abitutati ad avere questi spazi enormi, questi paesaggi che ti aspetteresti di vedere in America. Ma per me che vengo da una regione in cui per anni e anni si sono costruite case su case. Palazzi, paesi, conglomerati urbani che seguono in successione, a guardarli dall'autostrada. Colate di cemento, che poco a poco si sono mangiate un paesaggio che un tempo sarà stato bellissimo, verde, pittoresco, incontaminato, anche lì una costa scoscesa, dove la montagna si incontra col mare.


San Jose è un paesino, dove si sente solo il vento che soffia, i gatti che si azzuffano per il cibo, il territorio e le donne, e da un momento all'altro ti aspetteresti di vedere passare una balla di fieno, rotolata dal vento. Camminando per il deserto, tra i cactus e gli agave abbattuti dal vento, arrivi alla Playa de los Genoveses. Grande, silenziosa, solo poche altre persone, puntini che si vedevano nella distanza...